Cav. Carlo Lodigiani
Il racconto di chi ha vissuto in prima persona gli avvenimenti dal gennaio del 1944 al 25 aprile 1945: fatti e sofferenze della popolazione. I primi sintomi dell'esistenza delle formazioni partigiane, detti Ribelli, si ebbero nei primi giorni del gennaio 1944, quando un gruppo di armati, con fucili da caccia, assalì nelle Vicinanze di Passo Penice un piccolo corteo nuziale di una decina di persone: erano gli invitati al matrimonio di Foppiani Nani di Casa Mercanti che, mentre ritornavano al paese su tre auto da Fontanigorda, dopo la celebrazione delle nozze, furono depredati tutti dei loro portafogli. Sempre nel gennaio 1944, e precisamente il 22 o 23, vennero uccisi da una pattuglia di partigiani in piazza a Pecorara, mentre scendevano dalla corriera, il commissario prefettizio del Comune ed il locale segretario del Partito Nazionale Fascista, entrambi residenti a Pianello Val Tidone. Fu questo fatto che scatenò la prima reazione della Repubblica Sociale di Salò dalle nostre parti. La sera del 25 gennaio 1944, infatti, arrivava a Zavattarello una compagnia di militari (genieri) comandati dal colonnello Alfieri e un drappello di una trentina di soldati tedeschi comandati da un capitano: avevano il compito di compiere un rastrellamento nella zona di Romagnese Pecorara, ove si presumeva si trovasse la banda capeggiata da un certo partigiano soprannominato il Greco.
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Al suo arrivo in paese il colonnello comandante le truppe italiane chiese del Podestà, ed essendo questi introvabile, venne chiamato lo scrivente, che svolgeva la funzione di messo comunale, Era di sera ed io mi trovava nella piccola sala cinematografica del paese: mi imposero di procurare l'alloggio per la truppa ed l'approvvigionamento dei viveri, Feci sistemare i militari tedeschi nella sala municipale ed i militari italiani nel salone da pranzo del ristorante Ginepro; la carne la procurai da un contadino del paese, Pino Delvago di Valle Superiore, che sulla fiducia mi consegnò un vitellone; per il pane provvidi invitando un altro contadino, Mirani Felice di Moline, ‘di portare cinque quintali di grano al mugnaio. La truppa si mosse al mattino presto del 26 gennaio e rientrò a Zavattarello la sera dello stesso giorno con qualche prigioniero catturato e due muli appartenenti alla formazione partigiana. L'operazione fu ripetuta per qualche giorno, Dopo i rastrellamenti effettuati nelle zone di Romagnese e Pecorara, sembrava che i militari stessero per partire, quando il locale segretario repubblichino di Zavattarello, Lazzati Guglielmo, informò il comandante la truppa che i giovani del comune non avevano adempiuto al bando di Chiamata alle armi del generale Graziani: a questo punto i soldati si trattennero per far eseguire il rastrellamento di detti giovani.
Il colonnello, su suggerimento sempre del segretario locale
Il colonnello, su suggerimento sempre del segretario locale
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della R.S.l., segnalò il nome dello scrivente come colui che avrebbe potuto accompagnare le milizie ai rispettivi domicili dei giovani renittenti alla leva. Perché non abbandonassi la casa, fui piantonato per tutta la notte seguente; al mattino fui prelevato verso le cinque e portato fino in municipio: dovetti consegnare le liste dei giovani di leva, Al momento di partire per il programmato rastrellamento. con grande imbarazzo, cercai di spiegare ai militari la mia situazione: ricordai loro che tutti quei giovani erano stati miei allievi nei corsi premilitari, che l'azione che mi ordinavano mi addolorava molto, che non avrei voluto compierla, cercai anche di prospettare le conseguenze a cui sarei andato incontro; ad un certo punto, mentre tergiversavo, intervenne un Carabiniere della locale caserma che si presto di fare l’accompagnatore al mio posto, precisando di conoscere altrettanto bene il percorso e che quindi si poteva fare a meno della mia presenza. Il sergente, comandante del drappello acconsenti, anzi, ricordo che con la frase “ ha ragione, lasciamolo a casa “ mi diede una buona impressione di umanità, dimostrando di comprendere il mio stato d'animo e le mie preoccupazioni. Con,il carabiniere mi accordai di far iniziare il rastrellamento nella zona di Valverde, affinché io provvedessi ad avvertire i giovani della zona di Zavattarello che venissero a fare lo scontrino di partenza; Al rientro dei militari presentai loro l'elenco dei
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giovani che erano disposti a partire per il Distretto militare. Dopo il rastrellamento dei militari italiani e tedeschi, la banda del Greco incomincio ad intensificare le azioni: fu ucciso il Podestà di Romagnese, il signor Picchi; fu ucciso anche un povero giovane, Angelo Manzini che, mentre si accingeva a governare il suo bestiame, spaventato dall'arrivo di quella banda di armati (molti erano ubriachi dopo un’azione compiuta nel piacentino) si era dato alla fuga: fu depredato del portafoglio e gli portarono via anche.le scarpe dai piedi; la stessa banda, sempre nello stesso giorno, giunta nella frazione di Casa Marchese, aveva lanciato una bomba a mano dentro l'albergo Imbarcadero e rimase ferito un certo Ruggeri Luigi e molti furono i danni al locale e ai mobili. Le azioni dei partigiani contro le famiglie ex fasciste e repubblichine erano quotidiane: un carabiniere della stazione di Zavattarello, in missione a Romagnese, venne disarmato, spogliato dei vestiti e rimandato in caserma con le sole mutandine. I partigiani nel primo semestre del '44 erano in stato di formazione, agivano clandestinamente e le loro azioni erano compiute prevalentemente di notte, Un ragazzo di famiglia contadina, di età fra i 18 e 19 anni, si arruolò nella G.N.R.a Voghera, La sera del 5 giugno del 1944 ebbe un permesso di congedo e lo stesso ne approfitto per tornare a Casa: abitava in una casa isolata detta Masera, località che si trova nella periferia
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del comune di Valverde (in quei tempi c’era il comune Zavattarello - Valverde), Per tornare alle sue colline, salì sul treno Voghera - Varzi e scese alla stazione di Pontenizza: qui,'a piedi, si incamminò lungo la provinciale della Val di Nizza, in direzione di Sant’Albano. Cammin facendo incontro un gruppo di amici, o perlomeno creduti tali, e con questi prosegui fino alla sua abitazione, Il giovane Paolo Varni, cosi si chiamava, invitò i compagni di viaggio in casa, stappò qualche bottiglia di buon vino e rimase per qualche tempo con loro; ai genitori, che già erano andati a letto, raccomando di dormire tranquilli spiegando che si trovava in compagnia di amici. Dopo la mezzanotte, giunto il momento di congedarsi, i compagni della serata lo invitarono ad uscire con loro per fare due passi, per continuare a chiacchierare e per stare un po al fresco: usciti che furono, uno dei suoi falsi amici estrasse una pistola e con un colpo alla nuca lo uccise. I genitori, sentito lo sparo, balzarono dal letto e il padre, Angelo Varni, ebbe subito il triste presentimento della morte del figlio: a pochi passi dall'abitazione infatti giaceva il corpo ormai cadavere del giovane, Giunse poi sul posto il Pretore di Voghera che non fece altro che constatare la morte per azione violenta e rilasciare il permesso per la sepoltura, Vi fu una decisa reazione da parte delle forze repubblichine per cercare di far luce sulla vicenda ma il tentativo non ebbe esito e l’omicidio rimase impunito. ll, 16 giugno 1944, nel
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pomeriggio, scese nel capoluogo di Zavattarello un gruppo di non meno di dieci — dodici armati e assali la Caserma dei carabinieri e dei militi della Guardia Nazionale Repubblicana. Io mi trovavo nel palazzo del municipio ed ho potuto osservare direttamente l'accaduto: i militari non fecero resistenza e si lasciarono disarmare; mentre due partigiani salivano la Via Cavour verso la fontana, il capo, cioè il Greco, diede ordine di uccidere tutti i militi che si trovavano in caserma: due, scavalcando una finestra, riuscirono a scappare e si salvarono (“fra questi l’appuntato Massineo), cinque furono passati per le armi, un sesto si e salvato buttandosi sotto una branda. Fu in seguito avvertito per telegrafo il Comando della G.N.R. di Voghera; un drappello di soldati raggiunse il luogo dell’eccidio ed i militi caricarono i morti ed il superstite su di un camioncino e li trasportarono a Voghera, Successivamente fu mandato un nuovo reparto di soldati che scelse come presidio il castello Dal Verme: dopo pochi giorni, però, anche questi militari vennero attaccati dalle formazioni partigiane e disarmati. ‘ In questo periodo gli iscritti al partito della R. S. I., dopo aver ricevuto minacce di morte e aver avuto saccheggiata la casa (a volte furono spogliati di tutto, perfino dei vestiti), si trasferirono in pianura (es. Lazzati Guglielmo, Cavalleri Enrico con la moglie e i quattro figli, Pallini G. con la moglie e i quattro figli, Cavallotti P., Rovelli G. con la moglie e i tre figli). La reazione
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dei repubblichini, dopo la ripresa del castello Dal Verme da parte dei partigiani, non si fece attendere molto: trascorsi alcuni giorni, arrivarono in paese i militi della R.S.I. e, accusando il podestà, notaio Cella, il parroco, don Franzosi, l’impiegato postale, G. Baraldo, ed altri cittadini di essere complici dei partigiani, li Caricarono su di un camioncino e li portarono a Pavia; vennero poi rilasciati dopo alcuni giorni L’l luglio 1944 vi fu una puntata da parte di un reparto della Brigata Nera, I soldati erano armati anche con un cannoncino e, forse perché sospettosi di qualche imboscata da parte dei partigiani, sparacchiavano ovunque: cosi furono uccisi due anziani contadini, P. Albertocchi e C. Manzi, mentre erano seduti sotto un filare di viti; con il cannoncino hanno sparato anche contro il castello Dal Verme e lo hanno danneggiato in più punti. Il 10 luglio 1944 la milizia repubblicana fece un'altra puntata: al mattino presto un reparto della B.N. raggiunse la frazione Crociglia: i suoi componenti, spacciandosi per partigiani, prelevarono il partigiano, ex carabiniere,Ballerini Giovanni, e successivamente lo passarono per le armi; lungo la strada per Rossone il drappello della B.N. incontrò tre giovani, sempre della frazione di Crociglia, che stavano andando a funghi, Fra questi uno fu riconosciuto come renittente alla leva della R.S.l.: furono perquisiti e ad uno fu trovato in tasca una bomba a mano: tutti furono portati a Varzi e
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all'indomani furono passati per le armi nella località Piane, sulla strada Zavattarello — Varzi (Ballerini G., Giannuzzi A., Fiori E.) Dunque: per fare il punto sulla situazione nella zona, bisogna precisare che Zavattarello era stato, successivamente a questi fatti,presidiato dai partigiani,mentre Varzi e Pietragavina erano in mano alle forze governative, militari e G.N.R. Il 12 luglio 1944 tutte le formazioni partigiane di Zavattarello, Romagnese e quelle del piacentino si dettero appuntamento nei pressi di Pietragavina e qui, unite, assaltarono il presidio della G.N.R. che presidiava il castello di Pietragavina; nel castello c’erano elementi della B.N.ed anche giovani rastrellati,che per evitare la deportazione in Germania avevano accettato 1 inquadramento nell'esercito della R.S.I.; in questo assalto vi furono diversi morti fra la G.N.R. e fra questi anche il comandante del presidio. L'esecuzione avvenne nello stesso castello Dal Verme; uno dei condannati, fingendosi morto, era riuscito a salvarsi e nel buio della sera, ferito gravemente, era riuscito a trascinarsi in un cascinale, Al mattino fu scoperto da una donna che avverti il comando dei partigiani: si provvide alla sua cattura, fu portato al Cimitero, dove erano stati trasportati i suoi camerati uccisi, e di nuovo passato per le armi, Poi, tutti i dodici cadaveri furono sepolti in una fossa comune, Dei prigionieri ne fu graziato uno, che era stato rinchiuso in un'aula delle scuole elementari, un certo Vercesi: era stato raccomandato dal sig. Centenaro, proprietario delll'albergo Posta di Pietragavina, il quale era stato salvato a sua
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volta dal Vercesi durante una rappresaglia delle B.N., Vercesi Ernesto e diventato poi un esponente D.C. ed ha ricoperto la carica di Assessore regionale all'agricoltura, La reazione alla fucilazione dei, prigionieri non si fece attendere: la G.N.R. di Pavia,dopo qualche giorno, mando un nutrito reparto di militari nel capoluogo di Zavattarello; i partigiani si dettero alla fuga e la popolazione rimase nei guai. Con molta sorpresa, il reparto della guardia repubblicana scopri i depositi della merce accaparrata dal gruppo dei partigiani della Volante, Il bottino delle razzie consisteva in ogni qualità di roba, comprese nove botti di cui cinque ancora piene di vino, i repubblichini si dettero un gran da fare e riuscirono a vendere la merce a negozianti e privati del posto. Finita la burrasca e allontanatisi le milizie, i partigiani ritornarono ai loro presidi, resesi conto che tutta la refurtiva era sparita, si rivolsero al narrante e con ordini severi mi imposero di recuperare la merce, La cosa era quasi impossibile; io Ci misi buona volontà e riuscii a convincere molti degli acquirenti a ripagare la merce indebitamente acquistata: recuperai qualcosa della roba venduta, ma soprattutto riuscii ad accumulare la somma di L. 65.300, che consegnai al comando partigiano dietro regolare ricevuta firmata dal comandante Ciro, ricevuta che conservo tuttora, con la distinta della merce prelevata e venduta dal comando della G.N.R., Durante l estate vi furono scontri fra le truppe che presidiavano Varzi e le formazioni partigiane di Zavattarello: in una sparatoria persero la vita due partigiani sul fronte di Pietragavina e precisamente uno di Broni,la cui madre militava nelle formazioni partigiane qui a Zavattarello ed il povero Canevari Celestino, abitante nella frazione Rossone combattente ed eroe della Resitenza.
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L‘estate trascorse quindi in scontri armati ed ogni formazione teneva il suo fronte; la squadra Volante continuava i suoi, vari assalti sulla Romera, assalendo automezzi carichi di merce: aveva sequestrato un camion di carne congelata destinato a rifornire i negozi delle città, un camion di forme di formaggio di grana ed altra merce, Prima di incominciare ad inoltrarmi in racconti di altri fatti gravissimi, voglio ricordare che dopo le incursioni dei partigiani che incendiarono i municipi di Romagnese e di Nibbiano V.T., io, che abitavo nei locali del comune, sopra gli uffici, ebbi paura e nel luglio del ‘44, con tutti i mobili, mi trasferii dai miei famigliari, nella frazione di Moline, distante due km. dal capoluogo: ogni giorno comunque raggiungevo 11 municipio percorrendo la scorciatoia della Chiapponata, lunga circa un km. Segui un periodo di relativa calma, DDl gli eventi precipitarono ancora nel mese di ottobre e precisamente verso il 20, quando due giovani partigiani, ex carabinieri, della formazione Giustizia e Libertà, Angelo Volpi ed il suo collega,furono uccisi in uno scontro fra fascisti e tedeschi durante la notte (avevano dovuto abbandonare le loro' abitazioni per le minacce dei partigiani della brigata Crespi di Zavattarello), Nel pomeriggio del 23 novembre del '44,le campane della chiesetta di S. Rocco nel capoluogo cominciarono a suonare: il messaggio che volevano comunicare, come le altre volte, era quello di avvisare la popolazione di un imminente pericolo: una staffetta portava la notizia che da Broni era iniziato un grande rastrellamento di truppe tedesche - mongole con al seguito i soliti elementi della B.N., La sera del 24 queste truppe giunsero nella zona di Pometo, da qui il giorno seguente mossero in diverse direzioni, ma il forte delle truppe era destinato a rastrellare i comuni di Zavattarello e di Romagnese. Fu un fuggi fuggi di gran parte della popolazione verso i monti, Cioè, verso il genovesato; in questa azione morirono sei civili ed un partigiano, un meridionale che si era unito ai partigiani dopo l'8 settembre del '43, I morti furono: Ruffinotti Celeste, Ruffinottfl Primo, uccisi per errore dai partigiani di stanza a casa Zanolo di Ruino; Botti Giovanni, Stefanone Pietro, Bottiglione Luigi e due persone che si trovavano per caso nel comune, In questi frangenti le truppe mongole ebbero libertà di azione senza un minimo freno: per qualche giorno si dettero a saccheggi di ogni tipo di roba, dagli indumenti comuni, al bestiame, specialmente maiali e pollame; i mongoli violentarono purtroppo anche molte donne e diqueste molte erano minorenni.
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La notte del 25 io la passai presso amici, nell isolata Casa Cagnoni, insieme al sig. Carpinella C. Tutte queste donne violentate, anche ripetutamente, accusarono in seguito forti disturbi e la locale farmacia in breve esaurì i medicamenti per la disinfezione. Fui io che mi prestai di affrontare il pericolo di recarmi a Varzi presso le due farmacie, la Ferrari e la Muzio, per avere i medicinali che occorrevano. ln tale occasione mi recai anche dal comando Militare della R.S.l., che si trovava sulla strada Varzi — Bobbio, per far presente la Situazione e cioè che provvedessero a mandare un reparto di militari affinché le truppe dei mongoli non commettessero abusi verso la popolazione locale. Per il ritorno partii da Varzi che già si faceva buio, Nel percorrere la scorciatoia Varzi - Pietragavina, ad un tratto, sentii uno scalpitio di passi ed allora cercai di nascondermi: poi, vidi un'ombra scura: era il parroco don Picchi di Romagnese, Ci salutammo: loi mi spiegò che doveva andare presso il comando tedesco per interrogazioni e, dopo avermi chiesto perché mi trovavo in giro, si meravigliò del mio azzardo. Arrivai in piazza a Zavattarello verso le nove: c’erano ad aspettarmi il segretario comunale Buscaglia, il colonnello Malaspina, il farmacista Samoré e tanta altre persone che mi applaudirono; consegnai i due flaconi di medicinali al sig. Samoré che li passo poi alla brava ostetrica Esterina Armella che all'indomani prestò subito le sue cure per la disinfezione delle donne violentate Dopo il rastrellamento, la zona era praticamente occupata dai tedeschi; questi, durante un ispezione nel paese, scorsero,in un cortile, un deposito di auto scassate e fra queste notarono una' grossa macchina tedesca che i partigiani riuscirono a strappare ad una pattuglia di tedeschi durante una loro azione sulla Via Emilia, A questo punto un ufficiale prese il segretario comunale Buscaglia ed il colonnello Malaspina e attribuì loro la responsabilità della presenza di tale auto. sprovvista di ruote, Nella notte seguente i partigiani, venuti a conoscenza dell‘accaduto, presero la macchina e con i buoi la trascinarono in un nascondiglio. La popolazione, dopo questo fatto, era allarmata e temeva una rappresaglia da parte dei tedeschi; fu in questo contesto che il povero Buscaglia si decise di telefonare a Nibbiano V.T., servendosi dell'unico telefono della società elettrica, al comando tedesco: i tedeschi risposero che non sapevano nulla della macchina. Questo fatto fu, forse, lo spunto preso'dai partigiani per fare giustizia. Nel pomeriggio, mentre stavo a discutere con il il segretario in municipio, ecco che si presentarono due partigiani,un milanese ed uno di Zavattarello (un certo Nassi L.) e consegnarono una lettera al Segretario contente certe minacce; lui si mise a piangere e mi disse che avrebbe lasciato il paese e mi invitò a fare altrettanto insieme a lui, Non lo poté fare: nella notte due armati si presentarono nella' sua abitazione} imponendogli di seguirli perché l’Americano, comandante in capo della brigata Crespi e Capettini (quest’ultima stanziata nel varzese), doveva parlargli. Poiché al mattino non era ancora rientrato, la moglie, madre di due bambini, era nella più profonda disperazione, ma l’attesa senza notizie fu breve: una donna avvertì la popolazione che lungo la strada per Chiapparola c'era un morto:il segretario era stato colpito con sette colpi alla testa ed era caduto tenendosi una mano sullo stomaco, parte del corpo di cui spesso soffriva. Fu la terza volta che la piazza del capoluogo venne attraversata e imbrattata dal sangue dei morti uccisi, Era la sera del 28 novembre 1944. l funerali 51 svolsero il mattino presto del 29 novembre alle ore otto: molta gente era in lacrime e questo, secondo me,fu la prima reazione che fece capire ai partigiani di aver commesso un errore.
Cav. Carlo Lodigiani *
Dopo non più di quindici giorni arrivo un gruppo di B.N., capeggiato dal repubblichino Lazzati Guglielmo per ritirare le 300.000 lire; prima di venire in Municipio passò da casa sua e, accortosi di aver avuto la casa saccheggiata, si infurio come una belva: il primo bersaglio designato sarei stato io, Stavo preparando una carta di identità per un certo Cavalleri G., figlio di un componente la squadra della E.N., quando sentii nella piazza un gran trambusto: mi affacciai alla finestra, ma in quel mentre sentii uno scalpitio di passi sulla scala che portava ai locali, che fino al mese di luglio erano stati la mia abitazione, Poiché non esisteva alcun mobile da distruggere, scese in municipio e con arma alla mano mi impose di mettermi al muro, Fortunatamente un certo Schiavi di Valdinizza, capitano della R.S.l. si precipitò in Municipio e arrivo in tempo per disarmarlo, poi gli chiese di spiegargli il perché di quel gesto; quello mi imputava di aver contribuito al saccheggio della sua casa, L equivoco fu chiarito, Si trattava di n.6 seggiole, già appartenenti alla ex sezione frazionale del fascio di Moline: si trovavano nella sala del dopo lavoro e recandoci sul posto, insieme al capitano Schiavi, glielo feci constatare. ' Questa squadra di fascisti, guidati da Lazzati Guglielmo, rimase per tutto il giorno a Zavattarello e vi pernotto anche nella notte successiva; al mattino doveva partire alla volta di Romagnese dove si voleva raggiungere l'abitazione di uno dei componenti il gruppo, un certo Eacanini. Era una mattinata nebbiosa, io avvertii Pallini, uno della squadra, che tanto mi sembrava avesse sofferto per l'azione fattami da Lazzati, di non andare a Romagnese, perché lungo il cammino, con la nebbia cosi fitta, avrebbero potuto facilmente essere oggetto di qualche imboscata da parte delle formazioni partigiane, Si discuteva della cosa, intervenne anche Cavalleri che sembrava indeciso, ma Lazzati e Bacanini vollero partire, Giunti in un tratto dove la strada attraversa un fitto bosco il camioncino ’che li trasportava venne attaccato: diversi rimasero feriti e fra questi Baccanini e Pallini, che, catturati, vennero portati nella zona di Pecorara e dopo qualche giorno di sofferenze furono fucilati. Le formazioni partigiane rimasero nella clandestinità dalla fine di dicembre alla fine di febbraio del 1945, In questo periodo cadde ai piedi del monte Calenzone un aereo degli alleati che riforniva con i lanci i partigiani: i componenti l'equipaggio, sette soldati inglesi,morirono carbonizzati, i loro corpi furono trasportati nel cimitero di Zavattarello e successivamente vennero prelevati e rimpatriati. Nel gennaio del ’45, una sera,i partigiani prelevarono un uomo e una donna nell'albergo Posta a Pietragavina; li invitarono a seguirli, li accompagnarono verso Zavattarello e a metà strada, sotto Rossone,vicino ad un cascinotto adiacente la provinciale, con una raffica di mitra, li eliminarono: erano due conviventi che avevano in affitto una piccola casa a Pietragavina e facevano della borsa nera dal vogherese alla zona montana oltrepadana, vendendo pezze di stoffa quella sera erano arrivati con un grosso pacco di vestiario: furono eliminati con l’accusa di essere delle spie. lo fui avvertito dal parroco di Pietragavina che mi fece sapere di essere in possesso dei documenti dei due sventurati documenti che sarebbero serviti per redigere gli atti di morte, Mi recai subito dal parroco, in quanto i cadaveri erano stati rinvenuti nel comune di Zavattarello, mentre qualche buona persona di Crociglia si incarico di trasportare le due salme al Cimitero di Zavattarello, Giunto a Pietragavina, incontrai due armati, che mi imposero di entrare nella casa dei due morti per un inventario delle cose indumenti, stoviglie, ecc. Volli però che fosse presente anche il] parroco e cosi avvenne: compilai la nota delle merci rinvenute in due copie, di cui una la consegnai ad un certo Lino, abitante a Pietragavina e militante partigiano nella Garibaldina. I due morti: l’uomo era un certo Bonino, residente a Genova e la donna,di cui non ricordo il nome, era anche lei nata a Genova ma residente in Svizzera, dove aveva lasciato due figli.
Cav. Carlo Lodigiani *
lo, al ritorno dal funerale, seppi che un gruppo di partigiani si era riunito in Casa Dedomenici; li affrontai e con piena serenità dissi loro se anch'io dovevo essere ucciso o se dovevo campare. La risposta fu di non abbandonare il mio posto e di stare tranquillo, perché il Segretario era stato eliminato in quanto a loro risultava una spia, lo risposi che avevano commesso un errore e aggiunsi che presto se ne sarebbero accorti. Alla sera stessa, in casa mia, nella frazione Moline,vennero due giovani, amici di famiglia, militanti nelle formazioni con il compito di capi squadra, Parlammo del caso Buscaglia ed io dissi loro che se non sapevano niente della decisione che era stata presa la cosa era tollerabile, ma se lo sapevano e non l’avevano impedita, secondo me, quello era un fatto grave. Mi dilingai a spiegare che quelli che avevano ucciso il Segretario erano forestieri, che alla fine della guerra se ne sarebbero tornati a casa, ma loro erano del posto e quindi un giorno avrebbero potuto pagarne le conseguenze (erano A. Gazzetti e G. Lucchelli). Lucchelli fece una breve meditazione,poi mi disse che avevo ragione. Nella lista di quelli che dovevano morire ce n'erano degli altri: la notte stessa avvertirono il parroco don Franzosi, il colonnello Malaspina e il facente funzione di Sindaco Carlo Savini. La moglie del Segretario, che aveva visto i due partigiani quando avevano portato Via suo marito, nomi di battaglia Garibaldi e Den,interrogo i due uomini e questi si giustificarono presentandole l'ordine dietro il quale avevano dovuto agire, Dopo qualche giorno, mentre mi trovavo a colloquio con il comandante Ciro, si presentò la vedova del povero Buscaglia e intendeva avere una giustificazione per la fine del marito, Ciro la azzitti e la invito a rinchiudersi in casa e a non muoversi se non voleva fare la fine del consorte, Lei ubbidì e rimase nel suo dolore con i suoi due piccoli e la suocera di avanzata eta,privi di ogni risorsa di sostentamento. Il figlio primogenito, dopo le scuole elementari, assistito da un signore, un certo capitano Nontuori di Genova, prese la via del.seminario, andò a Tortona e poi divenne sacerdote. Dopo la morte del segretario Buscaglia, che fece scalpore anche presso la Prefettura di Pavia, dove era conosciuto come uno dei migliori segretari, tanto che alcuni giorni prima il Prefetto gli aveva offerto un'occupazione in Prefettura a Pavia, scattò la reazione della E.N., Passati alcuni giorni, si presentò il colonnello Fiorentini con un manipolo di militi: mi raggiunse in municipio e per prima cosa mi chiese le liste di leva dei giovani, liste che io avevo nascosto in luogo sicuro, Gli risposi che le liste erano state trafugate dai partigiani. Tre signore, avendolo visto entrare in municipio, ove mi trovavo solo, sono salite in fretta e lo implorarono di non condurre azioni militari in paese,in quanto la popolazione del capoluogo era già esasperata, Il colonnello Fiorentini, ex direttore della ferrovia di Varzi, ci disse che voleva i giovani del comune per interrogarli e per passarli per le armi, Io intervenni difendendo i giovani del posto e cercai di spiegare che questi non facevano parte delle formazioni, i nostri giovani erano in campagna a produrre; aggiunsi che le formazioni partigiane erano composte da gente forestiera,che ne ero certo in quanto nel paese si sentiva parlare in molti dialetti. Ad un tratto si presentò il tenente Pastorelli,che tutto trafelato, avverti il colonnello di essere in possesso dei nomi dei componenti il C.N.L. locale, A questo punto non ricordo bene come riuscii ad uscire dal municipio,comunque so che fuggii per i campi e raggiunsi la frazione Moline: avvertii il mio amico Molinari, componente il C.N.L., perché scappasse e 51 mettesse in salvo; io, anziché raggiungere l’abitazione, mi nascosi nei campi vicini, Durante questa visita il colonnello Fiorentini,dopo aver patteggiato con le tre signore (Truffi A.,M. Nirani e R. Codebò in Malaspina) impose una taglia alla popolazione di L. 300.000, da pagare entro un tempo stabilito a scanso di rappresaglia alla popolazione. La gente tutta, appena seppe dell'intimidazione, in conformità alla propria situazione economica, contribuì e in un paio di giorni si raggiunse la cifra imposta.
Cav. Carlo Lodigiani *
Sempre nel gennaio del ’45, vennero prelevati due dipendenti del comune di Pometo, portati nella frazione di Casa Marchese di Zavattarello e poi, la notte, dopo averli malmenati, furono portati lungo la strada che costeggia la diga del Malato e nella pineta furono fucilati: uno, F. Molinelli, mori sul colpo e venne poi gettato nelle acque del bacino ghiacciato; l'altro, C. Alessi, fingendosi morto, riusci, malgrado le gravi ferite, a salvarsi. In quel periodo,come sempre, mi recavo al capoluogo dalla frazione Moline a piedi e, specialmente la sera, per il rientro a casa, camminavo sempre al buio: mi aspettavo spesso qualche brutta sorpresa, anche se dai capi partigiani ero stimato e ben voluto; con me c'era mia moglie,che durante il giorno mi raggiungeva a Zavattarello per portarmi il pranzo di mezzogiorno. ' Continuavo a rimanere nel mio ufficio comunale, con quotidiane visite di tedeschi e di fascisti, un giorno in cui mi ero assentato, mi cercarono e, dopo avermi trovato, mi portarono in municipio, Fui sottoposto da parte di un sottufficiale dello esercito della R.S.l. ad un interrogatorio sulla morte del segretario Buscaglia: questi procedeva con modi minacciosi, tanto che ad un certo punto intervenne un ufficiale tedesco per ammonirlo Circa il suo comportamento. Un altro giorno un ufficiale e diversi militari tedeschi vennero in municipio,sempre per informazioni; poi mi domandarono la macchina da scrivere in prestito per qualche giorno, Io spiegai loro del pericolo cui sarei andato incontro con le formazioni partigiane. Questi mi dissero che il loro comando era a Valverde e mi assicurarono che me l avrebbero restituita entro tre giorni. Non potei tirarmi indietro, Cosi avvenne: la macchina da scrivere mi fu riportata in municipio da un certo Sovico Ernesto, mio caro amico, con un camioncino, Naturalmente fui poi contestato per il comportamento avuto dal comando partigiano. Voglio ora ricordare un episodio non cruento, che coinvolse tutti i miei compaesani di Moline. Un pomeriggio, verso la fine di gennaio del '45, un reparto delle truppe tedesche proveniente da Carmine verso il capoluogo di Zavattarello, in azione di perlustrazione e rastrellamento, giunto nella frazione di Moline, scorse sulla sponda sinistra del torrente Tidone un automezzo militare con asportato le gomme; i militari si insospettirono che nel paese esistesse qualche covo di partigiani: per primo catturarono un certo Sogaro Federico, sfollato da Milano, la cui moglie era oriunda di Moline e, siccome indossava dei calzettoni con pantaloni corti, lo accusarono di essere un partigiano; lo misero al muro minacciandolo di morte, La moglie corse disperata subito li e, cercando di fare scudo al marito, fece capire al comandante che il suo uomo non aveva nulla a che fare con i partigiani: spiegò che si trovava con suo marito a Moline in una casa di affitto, come sfollata, Il comandante si convinse e lo lasciò libero. Il grosso della truppa,intanto, aveva proseguito verso il capoluogo ed un reparto,rimasto nella frazione, eseguì un rastrellamento di uomini, ne riunì venticinque e fra questi c'ero anch'io: ci misero in fila con le mani alzate,come ostaggi da usare nel caso fosse successa qualche imboscata da parte dei partigiani. Ci tennero in quella posizione, con le braccia alzate, per più di due ore, finché una staffetta proveniente dal capoluogo comunicò al comandante che tutto era tranquillo e che la popolazione li aveva accolti bene, portandoli nelle case e offrendo loro cibi e bevande. Fu così che ci acconsentirono di appoggiare le mani sul capo, Ci portarono fuori dal paese, oltre il ponte sul torrente Morcione, dove c erano dei tronchi di legna e li ci fecero sedere. Verso sera, il reparto che era andato nel capoluogo scese a Moline e chiese ai frazionisti del latte di mucca da bere: in pochi minuti vennero accontentati, Tutti portarono latte da bere; ma i miei compaesani non si accontentarono di soddisfare le richieste ricevute anzi, per avere più probabilità di non essere maltrattati,cercarono di essere generosi con i soldati e offrirono pane e vino a volontà, il salame l'aveva procurato Buzzi Pierino, che si trovava anche lui fra gli ostaggi: appena lasciato libero, era entrato nel suo negozio di alimentari, aveva staccato due lunghi salami e li aveva subito affettati, distribuendoli a tutta la truppa dopo la sollecita ospitalità, ci lasciarono liberi; trattennero soltanto cinque ragazzi sui 15-17 anni: li portarono con loro fino a Farmine, costringendoli a portare le cassette delle munizioni, li poi li lasciarono liberi.Alla fine di febbraio '45, le formazioni partigiane ripresero ad organizzarsi in vari presidi: nel capoluogo di Zavattarello c'era il comando di tutta la brigata e a me fu assegnato l'incarico dell’approvvigionamento di certi generi farina per il pane e la pasta, il grasso e la legna, Durante questo periodo l'esattoria era chiusa e la propaganda dei capi partigiani era di non pagare le tasse: si ricordava alla popolazione che nella Russia di Stalin non c'erano le tasse e cosi doveva essere anche in Italia. Perù,senza entrata alcuna,non si poteva andare avanti ed allora 1 componenti la giunta, nominata dal C.N.L., stabilirono una imposta sulla frutta esportata, Nel comune di Zavattarello — Valverde la frutticoltura era diffusa e i raccolti abbondanti; i piccoli commercianti all'ingrosso perciò, prima di partire con il carico, che consisteva in otto dodici quintali di mele e di pere, dovevano passare in municipio per pagare l'imposta dovuta e ricevere una specie di lasciapassare per il trasporto della merce sui piccoli mercati di Pianello V.T., di Broni e di Stradella; il mezzo di trasporto consisteva nel carretto a due ruote, trainato da un cavallo, lo tenevo una contabilità a mio modo e cioè un registro di carico e scarico delle poche entrate ed uscite: dopo il 25 aprile, quando riprese l'attività amministrativo contabile del comune, versai, con ricevuta che conservo tutt'oggi, la somma di L. 105.000,
Cav. Carlo Lodigiani *
I partigiani fecero una ventina di prigionieri, che attraverso una strada secondaria furono portati a Zavattarello e rinchiusi nel castello, All'indomani i cinque più compromessi furono accompagnati a Romagnese e poi trasferiti nel piacentino. Alla fine di luglio del 1944 ci fu la scissione delle formazioni partigiane, e cioè: a Romagnese si installava la Brigata Giustizia e Libertà, a Zavattarello la Brigata Garibaldina Crespi, che scelse come accampamento il castello Dal Verme 1 anche se bisogna ricordare che c'erano partigiani sia nel capoluogo che nelle frazioni. Nella formazione c’era un gruppo soprannominato la Volante, che curava l'approvvigionamento della carne per le formazioni partigiane con il prelevamento di bovini presso i contadini indiziati come fascisti; si cercava l'approvvigionamento anche con assalti effettuati sulla statale della Via Emilia:51 depredava ogni sorta di merce che veniva poi trasportata a Zavattarello, tanto che furono riempiti diversi locali,compresa la sala comunale del cinema, Dopo l installazione del comando della Brigata Crespi nel castello Dal Verme, i partigiani incominciarono le esecuzioni: furono uccisi e sepolti in un praticello adiacente il castello un certo Cassinelli di Romagnese ed un uomo detto il Sardagnolo, residente nella Valle Staffora, entrambi accusati di essere delle spie; Ci fu poi l'esecuzione di una donna, rimasta a me sconosciuta, che prima di essere condotta al supplizio, fu violentata tutta una notte; al mattino, spogliata delle vesti, la costrinsero ad attraversare tutto il paese fino a quando una donna pietosamente e con coraggio le butto sul corpo, per coprirla, una veste: fra il clamore di parecchi cittadini, venne condotta fino al cimitero e li fu fucilata appoggiata al muro dello stesso Cimitero, mentre supplicava la sua innocenza Prima di morire volle il parroco per la confessione, Segui,poi, la fucilazione di un sottufficiale dell’aeronautica, catturato in pianura e portato al comando del castello: prima di fucilarlo, gli dissero che lo avrebbero accompagnato dal medico per una visita: fatti pochi passi, venne crivellato di colpi; ci fu anche la fucilazione di un ex partigiano residente a Pavia, anche questi accusato dei essere una spia. ll 15 agosto 1944 giunse al comando dei partigiani la notizia secondo la quale la G.N.R., di stanza a Varzi, stava per preparare un'azione su Zavattarello: a questo punto il comandante la famosa Volante, certo Remo, dette l’ordine di fucilare i prigionieri fatti a Pietragavina.
Cav. Carlo Lodigiani *
Durante l’occupazione del territorio da parte delle formazioni partigiane, il comune era isolato dalle altre parti della, come la Provincia e pertanto non arrivavano più generi alimentari sottoposti al razionamento, ma la popolazione si arrangiava con la produzione abbondante del latte (erano censite nel territorio del comune più di quattrocento mucche) e con il grano non consegnato all'ammasso governativo. La corrispondenza era rimasta ferma per parecchi mesi sia perché tutto si ferveva a Varzi, sia perché la signorina addetta alla posta aveva smesso il servizio dal settembre del ’44 e rimanevo solo io a sbrigare le poche pratiche interne della popolazione locale. Dopo la distruzione degli uffici comunali di Romagnese e Nibbiano, dove andarono distrutti tutti gli atti di stato civile, nella previsione che ciò potesse succedere anche a Zavattarello, feci una copia integrale di tutti gli atti di stato civile e li nascosi in un posto sicuro. Dopo la riorganizzazione partigiana, avvenuta come sopra ricordavo, verso la fine di febbraio 1945 si procedette all'epurazione delle persone compromesse con il passato regime: i primi furono un certo Ramari, già residente a Valverde, ed un certo Masante, di Santa Margherita Staffora, passati per le armi dietro le mura del cimitero di Zavattarello; poi furono uccise quattro persone: padre e figlio prelevati a Montu Beccaria; un ragazzo di sedici anni figlio di un maresciallo dei carabinieri, ucciso anche lui a Montecalvo Versiggia; un giovane che aveva fatto parte delle formazioni partigiane della Valle Scuropasso, Gli scontri armati tra partigiani e forze della R.S.I- continuarono fino al 25 aprile 1945; I’ll marzo 1945, durante un combattimento nella zona di Dramala, nel comune di Varzi, cadde il capo partigiano Alberto Negruzzi, In questo periodo dovetti recarmi più volte a Voghera, presso la Vice Prefettura, sistemata nel palazzo comunale di piazza Duomo. L'ufficio era retto dal dott. Pitta. Tale Vice Prefettura venne istituita per le esigenze della popolazione dell'Oltrepo‘, in conseguenza del crollo sotto i bombardamenti dei ponti sul fiume Po’, ponti che collegavano il nostro territorio con la Città di Pavia, Dovetti suggerire io al Vice Prefetto chi avrebbe dovuto funzionare da Commissario Prefettizio nei comuni di Zavattarello e Romagnese: il sig. Savini Carlo per Zavattarello e il sig. Crevani Giovanni per Romagnese. I viaggi venivano effettuati con la bicicletta, perché anche la ferrovia Voghera - Varzi era interrotta dopo Godiasco. Portai anche dei messaggi da parte delle formazioni partigiane ad un certo Vicini,almeno cosi mi pare si chiamasse, un capo del P.C.I., In uno di questi viaggi rischiai di cadere in una trappola della B.N.: mi trovavo a colloquio con il vice prefetto Pitta, quando ad un tratto entrò nell'ufficio un capitano della B.N., un certo bruschi che, conoscendomi, mi chiese di andare nel suo ufficio, L’avvocato Pitta prese tempo, dicendogli che dovevo parlare con lui di faccende relative al comune di Zavattarello e infatti si stava proprio parlando della morte del segretario Buscaglia, suo stimato amico. Quando l'ufficiale fascista andò Via, l’avvocato mi disse di non presentarmi, anzi, mi fece passare per una porta secondaria e mi condusse fino all'entrata del cortile del caffè Leon D'oro, dove, da una porta, raggiunsi via Garibaldi; da qui, alla svelta, andai all'abitazione dei miei parenti, dove avevo lasciato la bicicletta, e mi allontanai con il cuore in gola verso Torrazza Coste. Guindici giorni prima del 25 aprile ebbi modo di ricambiare il favore al Vice Prefetto: venni a sapere che alcuni capi partigiani avevano progetti minacciosi nei suoi confronti e gli feci sapere che era meglio nascondersi, Dopo la libera210ne venne arrestato ed interrogato sul suo passato, nell'interrogatorio sostenne di essere stato in relazione con i partigiani e fra gli altri fece il mio nome, Alla fine fu riabilitato. Qualche giorno prima del 25 aprile, un reparto della R.S.I. che prestava servizio presso un ponte sul fiume Po', si arrese ai partigiani, consegnando le armi.
Cav. Carlo Lodigiani *
Dopo la resa i militari furono portati a Zavattarello e rinchiusi nel seminterrato dell‘ex caserma dei carabinieri. Le violenze a cui furono sottoposti non sono neanche da augurarsi al più feroce animale. lo, sentendo lamenti e pianti, mi introdussi in quel seminterrato; vidi uno di questi giovani picchiato a morte che, prima di perdere le forze, conobbe fra i partigiani un suo conoscente e gli grido di spiegare agli altri il perché lui si trovava. nella R.S.l.: era stato rastrellato dalle truppe nazifasciste mentre stava lavorando nella vigna; la scena che mi fece più ribrezzo fu quella di vedere un sergente, che per le botte ricevute, aveva un occhio che gli penzolava sulla guancia, Dopo questa visione provai tanta compassione che mi allontanai piangendo. Le ultime esecuzioni avvennero a liberazione avvenuta; furono prelevati nelle prigioni di Voghera e portati a Zavattarello due uomini della B.N.: Gerolamo Rovelli e Dublini Valentino, un ragazzo di 16 anni, Furono prima percossi brutalmente e poi fucilati dietro le mura del cimitero. Dopo la liberazione feci presente al presidente del C.L.N., dott. Nassano, che come collaboratore con le formazioni, partigiane avevo contratto degli obblighi verso la popolazione: sulla mia fiducia i contadini avevano consegnato grano ai mulini, maiali, bestiame, grassi e legna alle cucine, Chiesi quindi che si provvedesse al pagamento di quanto era dovuto; mi fu risposto che quella merce era già stata pagata, lo, che conservavo tutta la documentazione, rimasi mortificato, pensando a cosa avrei potuto dire alla gente che aveva avuto fiducia in me e aveva consegnato cio' che avevo chiesto; mi rivolsi allora al dott. Ridella, affinché facesse pressione presso il C.L.N. dell'Oltrepo’, perché perorasse la mia causa in quanto mi sentivo il vero responsabile e consegnatario della merce ricevuta per i partigiani dai contadini. Dopo accurate indagini risultò che la merce era stata effettivamente pagata ma i soldi erano stati intascati da due lestofanti partigiani. Il giorno 8 settembre 1945 fui chiamato dal C.L.N. ed un funzionario, il rag. Denari, in presenza del dott. Ridella nella sala comunale mi fece un assegno di L. 1.360.000 che depositai presso la tesoreria comunale, dove i consegnatari della merce, previa regolare documentazione, vennero regolarmente pagati. La documentazione, se non e andata persa, risulta ancora presso gli uffici comunali. Ricordo con affetto i capi partigiani che ho conosciuto e che credo mi abbiano voluto bene e stimato: il dott. Italo Pietra,che teneva i contatti con gli alleati, responsabile di tutte le brigate dell’Oltrepo'; il dott. Franco Costa, coordinatore dei servizi; il dott. Ridella, presidente del locale C.L.N.; il dott. Saiani di Voghera, presidente del C.L.N. dell’Oltrepo' Pavese; Ciro, il comandante la brigata Crespi.
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